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Perché c’è transfobia nella “gaffe” di Daria Bignardi?

La gaffe transfobica e binaria di Daria Bignardi invita a riflettere: perché un uomo non può essere sensibile a meno che non sia LGBT?

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Daria Bignardi, giornalista “pioniera” degli anni 90, che con la sua trasmissione “Tempi moderni“, aveva stupito noi, adolescenti di allora, parlandoci di bisessualità, poliamore, e body modification, non è riuscita a sottrarsi ad una brutta gaffe.

La gaffe transfobica

Ha risposto al messaggio sul tema Covid, del sindaco transgender, e mio caro amico, Gianmarco Negri, dicendo che il messaggio era talmente bello che si sentirebbe che “era una donna”.

Ci sarebbe molto da scrivere su questa gaffe. La prima riflessione è sul binarismo: sembra che un uomo sia solo capace di messaggi privi di sensibilità e cura per l’altro, quindi solo un uomo “che è stato una donna” ne possa essere capace. In realtà simili stereotipi riguardano anche l’uomo gay: l’uomo biologico può essere sensibile solo se il suo desiderio sessuale è rivolto verso un altro uomo. L’uomo “cishet” (cisgender ed eterosessuale), quindi, non può essere capace di sensibilità.

Il passato degli uomini transgender, o LGBT in generale

Poi c’è un altro tema: ricondurre le persone transgender al loro passato.
Questo tema permette molte riflessioni:
La prima riguarda il tema dell’identità “transgender” come identità “indipendente” e particolare: l’uomo xx come “altro” rispetto all’uomo xy, in quanto portatore di una storia diversa. Molti uomini xx rivendicano il loro passato e la particolarità della loro storia, dicendosi fieri di essere uomini transgender, per niente desiderosi di “spacciarsi” per uomini biologici, o invidiarne la storia.
Gli stessi uomini trans, però, rivendicano di essere uomini, seppur uomini transgender. E’ vero, una storia diversa ti rende un uomo diverso, ma questo capita anche all’uomo biologico. Quante volte, indagando sulla storia di un uomo biologico particolarmente sensibile, scopriamo che si è confrontato con la perdita di una persona cara, o con la diversità, tramite un parente o un/a partner?
Quindi avere un passato “difforme” dalla consuetudine non rende “diverso” (o meglio, un uomo diverso) solo un uomo xx, ma qualsiasi uomo (o meglio, qualsiasi persona).

L’uomo gay come “sensibile”

Qui si torna alla riflessione sullo stereotipo dell’uomo “gay” come sensibile. Se è vero che dobbiamo combattere questi stereotipi, e se è vero che esistono uomini gay “stronzi” e misogini anche più degli uomini etero, è vero che un percorso di scoperta della propria diversità, la ricerca di un “posto nel mondo”, in un mondo che non ti prevede, perché è binario ed eteronormativo, potrebbe portare a sviluppare una maggiore sensibilità.
Chi è nell’attivismo da più di un decennio sa che non sempre avviene, ma potrebbe avvenire, e quindi la vera domanda a cui dovremmo rispondere, e su cui dovremmo riflettere, come uomini gay, bisessuali ed ftm, è:
è completamente falso dire che un uomo LGBT “potrebbe” essere maggiormente sensibile?

Siamo uomini differenti: ma chi ha il diritto di dirlo?

Il problema, a mio parere, è del “chi” lo dice. Noi uomini LGBT abbiamo il diritto di rivendicare, oppure di non farlo, la nostra diversità. Talvolta vorremo pretendere di essere uomini, come e quanto lo è ogni uomo. In altri contesti, magari in contesti di introspezione, confronto con altri uomini, o con altri uomini LGBT, vorremo invece lavorare sul nostro essere uomini “differenti”, arricchiti da un passato di discriminazione, che ci ha educato ad essere più aperti in generale (magari a riflettere su quanto soffra chi ha una diversità anche molto differente dalla nostra, il colore della pelle, o, non so, una disabilità motoria).
Il problema, quindi, non è “se” un ragazzo transgender sia più sensibile o no di un uomo cisgender, ma se è giusto che una persona cishet (cisgender eterosessuale) lo dica e lo dia per scontato.
Ogni uomo transgender, ogni persona transgender in generale, ha il diritto di dire se il suo passato ha un ruolo, e quale ruolo, nel suo sè di oggi, in base, anche, a quanto si sia riappacificato con quel suo “io” precedente, un tema che non riguarda solo le persone transgender, o LGBT in generale, ma tutti.

Dove ha sbagliato Daria Bignardi

Cosa c’è, quindi, di (forse involontariamente) transfobico, nelle parole di Bignardi?
Sicuramente, la sua voleva essere una considerazione “femminista”, di valorizzazione di chi donna è, o donna “è stato”, e quindi capace di elaborare contenuti migliori, mandare messaggi migliori.
Il suo problema, però, è che non dovrebbe essere lei a dirlo.
Avrebbe avuto più senso se fosse stato Gianmarco a dire che l’uomo di oggi è stato edificato anche dagli insegnamenti che ha ricevuto essendo stato educato da bambina e da ragazza, anche se quegli insegnamenti sono poi stati elaborati da un se stesso uomo.

Il punto è un altro: perché i maschi non vengono educati alla sensibilità?

Il punto, però, è che quegli insegnamenti non dovrebbero essere impartiti “solo” a chi bambina è o bambina sembra (per ragioni biologiche). 
Forse il vero problema è che se nasci maschio, questa sensibilità, attenzione all’altro, non ti viene insegnata, e questo non vuol dire che tu (uomo cisgender) non possa trovarla da solo con un tuo percorso.

Sovradeterminazione da parte persone cishet: arriveranno delle scuse?

Ancora una volta, il problema è l’impossibilità di raccontare il nostro percorso senza la sovradeterminazione di persone cishet, giornalisti, psicologi, psichiatri, e via dicendo.
Quindi, il punto non è quanta verità ci possa essere nelle parole maldestre e malposte di Bignardi, ma il fatto che l’interlocutore transgender non venga mai considerato, da questi giornalisti, un “pari”, e che, dopo queste situazioni, non arrivino mai delle scuse ufficiali.
E’ davvero così poco intuitivo che una persona transgender non ami essere ricondotta, tramite i suoi comportamenti e le sue visioni del mondo, allo stereotipo genere legato alle sue origini biologiche?
Da chi ha sentito sulla sua pelle la pesantezza del suo karma non ci aspettavamo una tale leggerezza, ma può ancora sorprenderci… in meglio questa volta

3 commenti su “Perché c’è transfobia nella “gaffe” di Daria Bignardi?”

  1. Il punto, secondo me, sta ancora qualche passo indietro. La comune definizione che l’uomo non è sensibile ma lo sono le donne ha le radici nel patriarcato, che divide i due generi in persone poco sensibili e forti, inventori, con attitudine al comando (uomini) e persone sensibili, creative e con attitudine alla cura (donne). Uomini al potere e donne a curare la famiglia e la casa, uomini in guerra e donne a fare le infermiere, uomini artisti sui libri di scuola e donne muse ispiratrici, uomini magazzinieri e donne al customer care, ecc
    E’ la regola dei complimenti: chi ti fa i complimenti e dice che sei particolarmente speciale in qualcosa, anche se non è totalmente vero, ti sta togliendo qualcosa 😉
    Daria Bignardi, come praticamente tutti (volente o nolente) non siamo immuni a questa retorica, visto che ci siamo cresciuti dentro, ricollega la sensibilità alla femminilità sottintendendo qualcosa di veramente fastidioso e sminuente per una persona trans… ovvero che sotto-sotto tu mantieni le caratteristiche mentali attribuite socialmente al tuo sesso di nascita… (e mi nausea)

    Comunque da gay-cis posso confermare che non serve subire discriminazioni per diventare sensibili (la misoginia e la retorica eteronormativa sono di casa) ma al contrario, aver subito discriminazione sembra una scusante da chi questa sensibilità non ce l’ha per poter dire qualsiasi cosa (la famosa frase: “tanto sono gay, io lo posso dire”). C’è da lavorare ma sono ottimista, specialmente con un lavoro di gruppo LGBT-femminista 🙂

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